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Per fare un uomo

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Nell’epoca del Metaverso e dei social, probabilmente oggi non bastano 40 anni per “fare un uomo”, così come intendeva la canzone dei Nomadi, che guardava alla costruzione interiore della persona attraverso il passare del tempo e delle emozioni, che scandivano gli eventi piacevoli e non, della vita di ognuno.

Chi ha qualche anno, oppure è appassionato di musica “vintage”, ricorderà certamente questa canzone, lanciata nel 1967 dallo storico gruppo dei Nomadi, nel cui testo si affermava che “per fare un uomo ci voglion 20 anni”.

Il tema “finanziario” è però un altro, considerando appunto che la formazione di una persona e l’approdo a una situazione di indipendenza economica si è drasticamente alzato da un punto di vista anagrafico, comportando anche un’uscita dal nucleo familiare di origine molto più in là con l’età.

Da qui la domanda… Come affronto i costi di crescere un figlio?

In queste settimane abbiamo letto su varie testate giornalistiche i dati riferiti alla natalità nel nostro Paese. Alcuni parlano di “grande inverno” demografico per l’Italia, altri addirittura di “era glaciale”.

Le dinamiche, direi purtroppo ormai consolidate, per le quali il nostro Paese si trovi in questa situazione, le lascio agli esperti in vari campi (sociologi, psicologi, economisti, teologi e così via), che ormai dibattono sul tema, portando argomentazioni certamente pertinenti.

Dalla mia posizione lavorativa e dall’esperienza personale “sul campo”, posso affermare che un figlio è un’esperienza unica, emozionante, di impatto universale per il genitore, e al tempo stesso molto impegnativa. Professionalmente parlando, “dal punto di vista economico” servono delle strategie per affrontare questa grande avventura. 

L’aspetto economico è da sempre oggetto di numerose indagini che tentano di quantificare l’assorbimento di risorse richiesto ad una famiglia per far crescere ed inserire in società i propri figli. 

Tra le pubblicazioni che ottengono maggior seguito, a certificare la qualità della loro analisi, merita di essere citato il lavoro dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, che pubblica periodicamente un rapporto dedicato e fotografa nel suo ultimo report, la situazione anche alla luce dei cambiamenti che la pandemia ha portato.

Quanto costa crescere un figlio fino alla maggiore età?

Come primo aspetto, occorre tener presente che il reddito reale delle famiglie italiane è in calo dalla crisi finanziaria del 2008; da allora, la riduzione del potere d’acquisto è in costante diminuzione. Nel solo 2020, inoltre, la spesa delle famiglie si è ridotta del 9% rispetto all’anno precedente.

Il peso del costo economico ha un differente impatto a seconda del modello familiare in cui ci caliamo. La componente più fragile è rappresentata dalle famiglie monogenitoriali, che attualmente sono pari a circa 2,5 milioni su un totale di 25,7 milioni di famiglie. La ricerca dell’O.N.F. prende come parametro di riferimento una famiglia di due genitori con almeno un figlio a carico e ne stima il costo di crescita dalla nascita al compimento della maggiore età. Nel calcolo, si considera un reddito netto di 34.000 euro/anno, un contesto abitativo metropolitano e il pagamento di un mutuo o di un affitto per un’abitazione di circa 100 mq. Alla luce di queste premesse, la ricerca individua in 955,78 euro la spesa media mensile, pari dunque a 11.469,38 euro su base annua. Rispetto alla survey precedente (2018), sono lievitati i costi per l’abitazione (+12%), per l’alimentazione (+8%) e per l’educazione (+6%); al contempo calano le spese per attività e tempo libero (-22%) e per abbigliamento (-13%). Appare evidente l’impatto pandemico nella modifica di queste voci di spesa rispetto al contesto pre-crisi. 

Nel 2020, per crescere un figlio da 0 a 18 anni, in media è calcolata una spesa di 175.642,71 euro. 

Quanto costa l’Università?

C’è poi il capitolo accademico, che comporta uscite finanziarie di due tipi. La prima riguarda le tasse universitarie, i cui importi vengono stabiliti secondo criteri che divergono da un ateneo all’altro, ma che in comune hanno la possibilità di essere ridotti concedendo agevolazioni agli studenti con condizione economica meno agiata. Attraverso l’ISEE, le tasse universitarie vengono parametrate alle disponibilità del nucleo familiare. Vi sono poi anche borse di studio e fondi ad hoc per studenti particolarmente meritevoli: va detto che i soggetti beneficiari sono una piccolissima parte degli studenti immatricolati.

Per chi supera le aliquote agevolate previste dall’ISEE, in funzione di redditi più elevati o consistenze patrimoniali, è prevista una tassa che mediamente a livello nazionale si attesta a 2.613,36 euro/anno. Tale importo, tuttavia, è soggetto a una discreta eterogeneità a seconda di facoltà, città ed area geografica: si va dai 1.780 euro per una facoltà umanistica a Salerno fino ai 4.141 euro per una facoltà scientifica a Pavia. 

Poi c’è una seconda uscita, decisamente più rilevante, di cui tenere conto. Non riguarda tutti gli studenti, ma soltanto quelli che si allontanano da casa per il loro percorso accademico. Anche in questo caso, la stima è molto eterogenea e dipende dalla città, dalla qualità e dalla posizione dell’alloggio, oltre che da altri costi accessori ed indiretti (vitto, vita sociale, ecc.). In media, il costo di uno studente fuori sede sembra quantificabile in un importo che varia da poco meno di 10.000 e che arriva fino a 25.000 euro l’anno. A conti fatti, dunque, la famiglia di uno studente fuori sede si trova a dover stanziare un importo che può essere decisamente importante. Tralasciamo qui le esperienze all’estero, in quanto coinvolgono un numero sempre più crescente di studenti, ma i dati del 2020 risentono dell’anomalia pandemica. 

Come prepararsi?

Un figlio rappresenta un’esperienza unica e non è assolutamente mia intenzione categorizzarne “l’onere” economico. Conosco molte situazioni di famiglie numerose, che senza disporre di grandi mezzi economici riescono a crescere i propri figli, permettendo loro di accedere alla formazione universitaria. 

Detto questo, il “prepararsi” lo intendo come rendere il più morbido possibile l’atterraggio finanziario di questo processo. Un genitore aspira al meglio per i propri figli e se alcune azioni prese per tempo possono portare un beneficio, perché non considerarle? 

Iniziamo con le spese correnti: sono costanti, periodiche, assorbono reddito fin dal primo giorno di vita del proprio figlio. Il punto centrale è che il reddito serve, mese dopo mese, deve esserci quell’entrata periodica per gestire in modo ordinato le spese ricorrenti legate al bambino. Questo reddito rappresenta l’assicurazione attraverso la quale è garantito alla famiglia un certo tenore di vita. Pertanto è indispensabile mettere in cassaforte la capacità di quella famiglia di generare quella ricchezza. Mese dopo mese. Questa missione può essere raggiunta solo attraverso strumenti di protezione del capitale umano che sono quasi sempre ignorati in giovane età, pur avendo una rilevanza assoluta per la famiglia. La responsabilità che deriva dalla nascita di un figlio non può che invitare a ragionare su questa domanda: con quali risorse si andrà avanti, se il reddito prodotto non dovesse più esserci? Quanto conta che queste risorse ci siano, a prescindere da tutto quanto può accaderci?

Da un punto di vista strettamente finanziario, invece, molto si può fare per le esigenze che si posizionano a medio e a lungo termine, quali ad esempio quelle relative al percorso di studi. Nessun genitore sa con esattezza se il proprio figlio avrà la voglia e la vocazione per sviluppare le proprie competenze, ma qualsiasi genitore sa bene in cuor suo quanto le disponibilità economiche possano facilitare l’ingresso in società: che si tratti degli studi universitari o di una somma di denaro per aprire un’attività, quei soldi serviranno. E di certo è preferibile disporre già, al momento opportuno, della somma necessaria a realizzare questi progetti, piuttosto che farvi fronte improvvisamente. A tal fine, le soluzioni possono essere due. La prima: allocare un capitale di cui si dispone in anticipo e investirlo con una precisa data di scadenza e con un profilo di rischio/rendimento coerente con il tempo a disposizione. La seconda: costruire quel capitale con pazienza e costanza prevedendo un piano di accumulo. Quest’ultima non è soltanto la strada obbligata per molti, ma è anche quella preferibile: il mix fatto di tempo e disciplina sa regalare risultati davvero sorprendenti. 

Molti sostengono che, anche potendo, non sia giusto far trovare tutto pronto ai figli. E anche io sono d’accordo su quanto possa essere utile a livello formativo per lo spirito e per il carattere di un adolescente, imparare a fare fatica (quella giusta), a darsi da fare per un risultato o per aprirsi una opportunità. Allo stesso tempo, aiutare un figlio a porsi nella condizione di inseguire e raggiungere un sogno, non può che rappresentare una soddisfazione enorme per un genitore. Un obiettivo che sarebbe un peccato disattendere, soprattutto qualora si comprendesse in ritardo che un po’ di sacrificio, lungimiranza, disciplina e attenzione lo avrebbero reso possibile.

Vuoi approfondire le strategie finanziarie che un genitore o un nonno può avviare per tutelare e aiutare la crescita del proprio figlio o nipote? Contattami per una prima consulenza finanziaria.

Articolo redatto con il contributo di FederConsumatori ed Ecomatica. Srl

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