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Meglio un fondo pensione o un piano di accumulo?

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Se risparmiamo e investiamo in ottica di lungo termine, anche con finalità previdenziale, è lecito chiedersi se sia meglio sottoscrivere un fondo pensione, oppure un piano di accumulo.

Punti di contatto e differenze

Prima di rispondere, una semplice considerazione: se sto pensando di risparmiare con costanza e dirottare queste risorse in modo graduale su una strategia a lungo termine, posso già includermi in quella piccola percentuale di persone che con lungimiranza stanno pianificando per le esigenze che potranno emergere in una fase particolare della loro vita, che peraltro si sta sempre più ampliando a livello temporale, in considerazione di un generale miglioramento della qualità di vita. E ancora prima di arrivare alla soluzione, posso già farmi i complimenti, perché mi sto ponendo le giuste domande.

Stiamo attraversando un periodo storico dove il mercato del lavoro ci impone di confrontarci giornalmente con due fattori che possono essere per molti di noi destabilizzanti: cambiamento e complessità.

L'importanza del tempo negli investimenti finanziari

Davanti ad un contesto che muta così rapidamente, si tende a procrastinare decisioni in termini di risparmio, che spesso hanno nel tempo il fattore determinante e vincente per ottenere risultati importanti e che possono essere concretamente utili per il risparmiatore.

Prima si inizia e meglio è, questo è il segreto

Una programmazione che tenga conto di risparmi periodici, finalizzati a portare risultati nel lungo o lunghissimo termine, permette di poter costruire un passo alla volta un capitale che può realmente fare la differenza e coprire esigenze specifiche in alcune delicate fasi della vita.

Costruire il proprio capitale in base alle esigenze

Se parliamo di risparmio con finalità previdenziale dobbiamo innanzitutto prendere consapevolezza che il Pilastro Previdenziale Pubblico sarà sempre meno rilevante negli anni a venire. Le attuali generazioni di 30enni e 40enni hanno la necessità di intervenire oggi con urgenza su un rilevante gap previdenziale che si aggraverà nei prossimi decenni.

Ricordiamo che oggi mediamente chi ha 40 anni circa, ha una traiettoria di uscita dal mondo del lavoro, nell’ordine dei 69-70 anni di età.

Trovare strategie finanziarie per tutelare il proprio tenore di vita nell’età della pensione, è fondamentale. E come detto, il tempo a disposizione è il maggior fattore di successo.

Uno dei principali freni nel prendere decisioni di questo tipo è la scarsa conoscenza del quadro normativo e degli strumenti. Quali prodotti è meglio sottoscrivere? A chi mi rivolgo per un fondo pensione? È meglio un fondo di categoria o uno aperto? Quanta parte di risparmio devo accantonare per costruirmi un capitale che possa davvero essermi utile? Quali vantaggi e quali vincoli ci sono?

Sono tutte domande pertinenti, ma al tempo stesso creano una matassa di interrogativi, di cui è necessario, attraverso il confronto con il proprio consulente finanziario e patrimoniale, trovare il bandolo per sciogliere un tale groviglio.

Fondo Pensione vs Piano di Accumulo: così simili, ma così diversi

Fondo pensione vs piano di accumulo

Fondo pensione e piano di accumulo (PAC)  sono molto simili nella logica, ma diversi nelle caratteristiche.

Anticipo già in parte la risposta alla domanda iniziale: uno non è migliore dell’altro e per quanto possibile sulla base del proprio tasso di risparmio, età anagrafica, condizione lavorativa e familiare, l’ideale sarebbe poterli avere entrambi, perché la combinazione delle loro dinamiche, soddisfa molteplici esigenze dei risparmiatori.

Il fondo pensione, lo dice la sua denominazione, è focalizzato ad aiutare l’aderente a costruire un capitale e di conseguenza una rendita integrativa alla previdenza obbligatoria (INPS, ENASARCO, ecc.), per permettere il mantenimento di un tenore di vita desiderato durante quella fase in cui ad una persona mancheranno gli introiti da attività lavorativa.

Il PAC è una soluzione d’investimento con minori vincoli (soprattutto in merito alla possibilità di entrare in possesso in qualsiasi momento del capitale valorizzato), flessibile e modulabile, che permette comunque di impostare e raggiungere obiettivi a medio e lungo termine, per sé o per i propri familiari.

Le forme pensionistiche complementari

Fondo pensione

Sostanzialmente in Italia abbiamo 3 macro aree che sintetizzano le possibilità di scelta:

  1. Fondi Pensione negoziali: sono forme pensionistiche complementari istituite nell’ambito della contrattazione collettiva, nazionale o aziendale. A questa tipologia appartengono anche i fondi pensione cosiddetti territoriali, istituiti cioè in base ad accordi tra rappresentanti di datori di lavoro e lavoratori appartenenti a un determinato territorio.

Quindi diciamo che possono aderire a queste forme, coloro che in ragione di un particolare settore lavorativo di appartenenza, hanno i requisiti per poter sottoscrivere queste soluzioni. Ad esempio, i lavoratori del settore metalmeccanico possono aderire a una forma previdenziale a loro dedicata, così come chi lavora nel settore chimico, alimentare, e così via.

Quando l’adesione è di tipo “collettivo”, molto spesso è previsto che il datore di lavoro versi un contributo aggiuntivo nel fondo pensione (intorno al 1,5% della retribuzione del lavoratore), per incentivare a sua volta l’aderente ad effettuare versamenti volontari almeno per la stessa quota, se non oltre.

  1. Fondi pensione aperti: sono forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM). I fondi pensione aperti possono raccogliere adesioni su base individuale e collettiva. L’adesione a queste forme è aperta a tutti, senza particolari distinzioni.
  2. Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP): sono forme pensionistiche complementari istituite dalle imprese di assicurazione. I PIP possono raccogliere adesioni solo su base individuale.

Senza dilungarci qui sul descrivere l’intero quadro normativo e le varie casistiche, segnalo una utile guida presente sul sito della Covip, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione.

È importante sottolineare che i versamenti volontari effettuati in corso d’anno nei fondi pensione, sono deducibili dal reddito complessivo, fino al limite di 5.164,57 euro annuali. Questo significa che spesso il risparmio fiscale ha una valenza immediatamente quantificabile nella propria soglia IRPEF di tassazione.

Ricordiamoci che proprio dal 2022 sono state apportate modifiche agli scaglioni IRPEF e per molte fasce di reddito medio e medio-alte, questa valutazione fiscale non è affatto trascurabile.

Facciamo un semplice esempio: con la rimodulazione delle aliquote, oggi lavoratore che ha un reddito lordo nella fascia 28.000 – 50.000 euro, ha un carico IRPEF del 35%.

Pertanto un lavoratore che dichiara un reddito lordo di 40.000 euro e versa 3.000 euro di versamenti volontari in un fondo pensione, avrà un risparmio fiscale nella dichiarazione dei redditi presentata l’anno seguente, pari a 1.050 euro.

Reddito lordo:  40.000 euro
Versamento volontario nel fondo pensione:  3.000 euro
Reddito soggetto a tassazione IRPEF: 37.000 euro
Aliquota Progressiva fascia 28.000-50.000:  35%
Risparmio Fiscale: 1.050 euro

Sono molti altri i vantaggi fiscali, sia in termini di tassazione dei risultati che delle rendite nel momento in cui si inizierà a percepirle. Ribadisco che anche stavolta il fattore tempo è determinante, perché maggiore sarà la permanenza nel sistema della previdenza integrativa, minori saranno le aliquote fiscali da sostenere sulle rendite erogate.

Un altro aspetto da considerare è che il fondo pensione si presta come un ottimo strumento di separazione patrimoniale, di tutela, di trasmissione generazionale, senza entrare nei cespiti oggetto di successione.

Piano di Accumulo (PAC)

Il piano di accumulo ha certamente un percorso decisionale più semplice rispetto al fondo pensione, ma non per questo la sua scelta deve essere trattata con superficialità, anzi.

Investimenti dedicati al piano di accumulo

È una modalità d’investimento, tipicamente in un OICR (un ETF, una Sicav, oppure un fondo comune), che permette di accantonare con cadenza periodica (mensile, trimestrale, semestrale) delle somme prestabilite in base alle proprie possibilità di risparmio.

Questo approccio è particolarmente elastico: i PAC possono essere sospesi in qualsiasi momento, riattivati, possono essere effettuati degli aggiuntivi, oppure dei rimborsi parziali o totali, senza particolari vincoli temporali prestabiliti.

Può rappresentare il classico salvadanaio, quello che almeno una volta è stato regalato a tutti noi da piccoli, per educarci al risparmio, a forma di lucchetto, di cassaforte, di orsetto o di maialino.

Ma un PAC può anche essere un’ottima strategia in ottica di medio-lungo termine, per affrontare i mercati azionari a piccoli passi, cogliendo opportunità nella volatilità che intrinsecamente è nella loro natura esprimere. Si rivela pertanto essere anche un eccezionale “tutor” per aiutarci a gestire l’emotività che può scaturire quando si presentano situazioni più turbolente del solito sui listini. 

Infatti il tuo PAC non penserà se è meglio comprare oggi oppure aspettare se scende ancora, o attendere che inizi il rimbalzo, piuttosto che la notizia che può portare alla svolta. 

Il pac “non correrà dietro al mercato”, semplicemente farà il suo lavoro: comprare periodicamente in ogni condizione di mercato, tralasciando l’emotività di breve che spesso frena l’investitore, ma ragionando sempre in ottica molto razionale, direi “tanto monotona, quanto incredibilmente efficace”.

Fondo per l'educazione futura dei figli

Al PAC posso agganciare degli obiettivi specifici: ad esempio gli studi per i figli, una spesa importante programmata nel tempo, la costruzione di un capitale che servirà in una fase specifica della mia vita.

Prendiamo l’esempio di un genitore che decide di accantonare 200 euro al mese per gli studi del figlio. Tra risparmi personali, mance, regali dei nonni e degli zii, costruisce il salvadanaio per l’obiettivo “Università di Luca”, accantonando 2.400 euro all’anno.

Il suo PAC, o meglio il PAC per Luca, inizia il 01 gennaio 2012, investendo in moto automatico 200 euro al mese su un ETF che replica semplicemente l’Indice Globale delle Borse (MSCI World in Euro). Arrivati a gennaio 2022, il papà di Luca con un po’ di attenzione, magari con qualche piccolo sacrificio è riuscito a versare regolarmente 24.000 euro nel corso degli ultimi 10 anni.

Come si diceva, il tempo è un elemento vincente e miscelato alla disciplina di acquistare metodicamente ogni mese, in ogni condizione di mercato (rialzista e ribassista), oggi quei 24.000 euro accantonati un po’ per volta, sono diventati 50.192 euro e permettono al papà di Luca di poter aiutare il figlio a cogliere un’opportunità, che può essere pagarsi un corso specialistico oppure avviare un piccolo progetto imprenditoriale.

Importo Versato Mensilmente: 200 euro (Totale 24.000 euro in 120 mesi)
Inizio Piano di Accumulo: 01.01.2002
Strumento: ETF MSCI WOLRD Euro NT
Termine Piano di Accumulo: 02.01.2022
Valorizzazione 02.01.2022: 50.192 euro

Quindi cosa faccio? fondo pensione o piano di accumulo? Oppure entrambi?

Come dicevo, non esiste un’unica risposta. Ogni persona ha una situazione lavorativa, familiare e personale, che si intrecciano con le esigenze, le aspettative, gli obiettivi da perseguire nel corso degli anni. È fondamentale aprirsi al confronto con il proprio consulente patrimoniale: insieme si può tracciare un percorso decisionale ben calibrato e modulabile, che tenga conto delle possibili evoluzioni che la propria traiettoria di vita potrebbe portare. Con questo approccio sarà estremamente semplice rispondere a questa domanda. Attenzione però: ricordiamoci che il tempo è fondamentale, quindi parliamone, adesso.

 

Vorresti sottoscrivere un fonde pensione o un piano d’accumulo ma non sai quale scegliere? Parliamone. Sono qui per aiutarti. Contattami per una consulenza personalizzata e gratuita.

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