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La Donazione è un atto definitivo? Certo che no!

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Vediamo nello specifico il tema della donazione e quali sono i rischi in cui si può incorrere

Abbiamo già affrontato la tematica della donazione e del trasferimento di una quota ereditaria in anticipo, ed è emerso chiaramente quanto sia uno strumento radicato nel contesto italiano per le strategie di passaggio generazionale di beni

La normativa prevede vantaggi consistenti da un punto di vista fiscale: ricordiamo che questa tipologia di trasferimento ha la medesima tassazione prevista per le Successioni, pertanto in caso di donazione verso il coniuge o i figli, la franchigia permette di trasferire fino a 1 milione di euro per beneficiario, senza imposte di donazione (discorso diverso per le imposte ipotecarie-catastali, già trattate nei precedenti articoli).

Fin qui tutto estremamente vantaggioso, però credo sia opportuno in questa occasione approfondire il concetto che una Donazione NON è un atto definitivo.

A cosa mi riferisco? 

Come detto sopra, la presenza di esenzioni dall’imposta di donazione così importanti per i parenti più stretti, fa percepire la donazione come un atto semplice ed estremamente vantaggioso, che spesso di utilizza nel trasferimento genitori-figli. Occorre però prestare molta attenzione. 

Facciamo un esempio: il genitore che cede un immobile al figlio ha due strade davanti a sé: la donazione o la vendita. Certo, sembra un controsenso vendere un immobile al proprio figlio, per tanti motivi (moralmente un genitore è portato ad aiutare il proprio figlio e cedergli dietro pagamento un bene che comunque nel futuro prossimo potrebbe acquisire per successione, sembra davvero una scelta poco sensata). Inoltre il figlio potrebbe non essere nelle condizioni economiche di poter acquistare la casa senza dover ricorrere ad un mutuo (quindi spese, interessi, nuovo debito, ecc.). Insomma, donare una casa al proprio figlio, è certamente molto più semplice che vendergliela. Ma anche se parliamo di genitori-figli, la differenza tra la vendita e la donazione non è solo una questione di forma e le conseguenze dei due tipi di atti sono molto diverse.

Vendita della propria casa ai figli

Nel caso della vendita, il pagamento del prezzo (che deve essere congruo) rende il trasferimento definitivo e inoppugnabile, fatti salvi alcuni casi particolari.


La donazione, invece, è caratterizzata dallo spirito di liberalità e ciò significa che, l’intenzione del Donante è quella di “arricchire” il Donatario, senza vincolo alcuno. Chi riceve un regalo non può certo avere delle pretese, ha solo di che rallegrarsi di avere ricevuto un bene senza dare niente in cambio. Ecco che la donazione ha il carattere della provvisorietà, perché non comporta un acquisto definitivo della proprietà.

Ma perché non possiamo considerarla “definitiva”? Semplice, perché può essere revocata. 

Ricordiamoci che la revoca di una donazione può essere richiesta all’Autorità Giudiziaria (che ha la forza giuridica per deciderne la revoca) per due motivi:

  1. Ingratitudine: è possibile la revoca della donazione quando il beneficiario abbia commesso reati gravi nei confronti del donante o dei suoi congiunti (omicidio volontario, tentato omicidio o altro reato cui siano applicabili le norme sull’omicidio, denuncia o testimonianza per reato punibile con l’ergastolo, o reclusione non inferiore a tre anni),  si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante; abbia dolosamente arrecato grave pregiudizio al suo patrimonio, o gli abbia rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi di legge.
  2. Sopravvenienza di figli: le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio, o di un discendente legittimo del donante. 

 

Ora, diciamo che il primo caso è raro, ma non così come pensiamo: le cronache, purtroppo con sempre maggiore frequenza, portano alla nostra attenzione delle situazioni familiari sfociate in eventi di questo genere.

L’ipotesi della sopravvenienza di figli ha meno a che a fare con la cronaca nera, ed è un caso altrettanto concreto, perché per sopravvenienza non si intende solo la nascita di altri figli del donante, ma anche la presenza di figli concepiti prima della donazione, di cui il donante non era a conoscenza. Grazie al progresso scientifico, l’accertamento della paternità è oggi molto più facile, dunque la sopravvenienza di figli è una possibilità di cui non si può fare a meno di tenere conto. 

L’azione di riduzione per lesione di legittima

Ma soprattutto il vero “pericolo” dentro la donazione, sta proprio nelle possibili diatribe tra quelli che saranno i futuri Eredi del Donante. Fratelli coltelli non è solo un detto popolare.  La donazione abbiamo detto che sconta le medesime imposte della Successione, in quanto è un atto che può essere per così dire “anticipatorio” della successione stessa.

E così gli Eredi che a loro avviso dovessero ritenersi danneggiati dalla generosità in vita del defunto, il quale ha “anticipato” parte del suo trasferimento patrimoniale utilizzando lo strumento delle donazioni, potranno impugnare quegli Atti entro dieci anni dalla morte del Donante. Il nostro ordinamento giuridico, infatti, prevede che in seguito alla morte di una persona, al coniuge e ai figli del defunto sia in ogni caso riservata una certa quota del suo patrimonio (quota di legittima), indipendentemente dalla sua volontà di voler disporre in modo differente. Esistono quindi gli Eredi Legittimari, per i quali la legge prevede che vada almeno una determinata parte dell’eredità.

Eredi legittimi

Ma cosa succede se il defunto si è spogliato in tutto o in parte dei suoi beni prima della morte? Se ciò è avvenuto con la vendita dei beni, la legge non se ne preoccupa, perché nel patrimonio del defunto sono usciti dei beni, ma sono entrati dei soldi come corrispettivo delle vendite. Tali somme teoricamente dovrebbero essere state impiegate nell’acquisto di altro, oppure essere ancora presenti al momento della successione. Resta comunque la possibilità di dimostrare che la vendita è stata strutturata per dissimulare una donazione (vendita fittizia). 

Se invece il defunto ha disposto in vita dei propri beni mediante donazione, la legge predispone alcuni strumenti di tutela per gli eredi necessari, che esercitando l’azione di riduzione possono riacquistare la proprietà dei beni donati dal defunto, anche quando nel frattempo sono stati rivenduti ad un terzo soggetto.

Chi riceve la donazione può correre il rischio di dover restituire un bene che ha ricevuto senza doverlo pagare, quindi diciamo senza particolari “danni”. Il problema sorge quando il donatario ha ceduto il bene ad un terzo dietro corrispettivo di un pagamento. La legge prevede che anche i successivi acquirenti siano pregiudicati dall’eventuale azione di riduzione della donazione. Ed ecco che il rischio della Donazione ricade su un nuovo soggetto: colui che ha acquistato beni di provenienza donativa. Con questo rischio che accompagna ad esempio un immobile, è chiaro che tale bene diventa di fatto invendibile fino a dieci anni dopo la morte del donante. Per cercare di mitigare il rischio e restituire possibilità agli interessati di trattare la compravendita di un immobile, negli ultimi anni si sono affacciate sul mercato delle Compagnie Assicurative (tipicamente anglosassoni) che propongono “polizze donazione sicura”.


Dopo la morte del donante gli eredi possono rinunciare all’azione di riduzione, quindi se sono tutti d’accordo il problema è risolto. Fino a che il donante è in vita, invece, la legge non ammette questa rinuncia. Se anche i futuri eredi dovessero sottoscrivere una dichiarazione in tal senso sarebbe considerata nulla, priva di valore.

Ecco perché la donazione non dovrebbe mai essere utilizzata in modo disinvolto al di fuori del suo campo specifico di applicazione.

I terzi acquirenti tutelati dopo vent’anni

Qualora non si ricorra a strumenti di copertura del rischio e ci si basi sui “tempi della legge”, occorre attenersi alla tempistica di vent’anni dalla donazione, trascorso il quale sono definitivamente fatti salvi i diritti dei terzi acquirenti dei beni oggetto di donazione e restano ferme le ipoteche iscritte sugli stessi.
I vent’anni, però, possono essere prorogati con un atto di opposizione alla donazione da parte del coniuge o dei parenti in linea retta del donante, che in questo modo si riservano di agire contro tutti i successivi acquirenti dei beni donati anche dopo il ventennio.

Financial advisor

La donazione rimane a mio avviso un atto libero e intimo, mosso dalle migliori intenzioni di una persona, di portare un beneficio economico a un’altra verso cui c’è un legame sentimentale, di affetto o di profonda gratitudine.

Tanto è semplice nella sua nascita come intento, tanto richiede analisi e attenzione nella sua messa in opera, verificando tutti gli aspetti che possono impattare su tale atto, nel tempo presente in cui si realizza il trasferimento e soprattutto negli aspetti patrimoniali futuri.

Parlarne con il proprio consulente patrimoniale di riferimento può aiutare a mettere in fila tutti quegli elementi e quei potenziali rischi, per affrontare al meglio ed eventualmente integrare con altre strategie, la propria scelta personale. Vuoi approfondire il tema? Sono a tua disposizione. Contattami per una consulenza personalizzata.

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