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Tassi d’interesse e prezzo delle obbligazioni: un rapporto conflittuale?

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Quando parliamo di tassi d’interesse, entriamo in un campo che non ha confini, se non quelli delle nostre percezioni. La relazione tra livello dei tassi e prezzo delle obbligazioni, oggi è più che mai un tema fortemente dibattuto. Vediamo insieme maggiori dettagli.

Se è vero che tutti abbiamo familiarità con il concetto di tasso d’interesse, è altrettanto vero che la sua interpretazione ed importanza (per ognuno di noi) dipende da quale ruolo stiamo giocando al momento, da quale sponda del fiume stiamo guardando scorrere la corrente d’acqua.

Possiamo essere “prenditori” di credito, quindi la nostra idea di tasso d’interesse è legata al costo del mutuo o del finanziamento che stiamo rimborsando o che ci accingiamo a stipulare. E quindi come abbiamo già descritto in altre occasioni, l’imponente salita dei tassi di questo ultimo anno ha certamente impattato sul costo dei nostri debiti.

Se abbiamo dei risparmi da allocare, quindi ci poniamo come “investitori” nel mondo del credito, il tasso d’interesse sarà la remunerazione (abitudinariamente intesa come Cedolare) che ci verrà riconosciuta dallo strumento sottoscritto.

Entrando nel contesto obbligazionario, ossia del reddito fisso, il ruolo del tasso d’interesse non è però sempre correttamente compreso, anche se la relazione tra obbligazioni e tassi è un elemento fondamentale.

Cosa rappresentano i tassi d’interesse

I tassi d’interesse esprimono il costo del denaro in un determinato sistema economico. Nella versione più semplice del loro utilizzo, consentono le attività di prestito e risparmio, che sono appunto elementi fondamentali di una economia sviluppata.

Costo del denaro in ogni Paese

E proprio nei Paesi sviluppati il tasso di riferimento, o tasso base, rappresenta il tasso con cui la banca centrale del Paese (o dell’insieme di Paesi, come ad esempio l’Eurozona) concede prestiti alle altre banche. In relazione al contesto economico, la banca centrale ne aumenta o diminuisce il livello.

Se l’economia cresce rapidamente oppure se l’inflazione è troppo elevata, la banca centrale può aumentare i tassi d’interesse per cercare di “raffreddare l’economia” che sta correndo troppo velocemente. Perché si adotta questa strategia? Perché con l’aumento dei tassi, le banche si trovano di conseguenza ad aumentare il costo del credito, quindi i mutui e i finanziamenti costeranno di più e tendenzialmente porteranno ricadute sulla capacità di spesa e di consumo. Una riduzione dei consumi può aiutare nell’obiettivo di ridurre i prezzi dei beni e servizi.

Al contrario, se l’economia rallenta, la banca centrale può tagliare il costo del denaro (tasso di riferimento). Di conseguenza, gli istituti bancari potranno ridurre a loro volta i tassi applicati, incentivando l’assunzione di prestiti e dunque la possibilità di spesa.

Non tutto è in mano alle banche centrali, c’è anche il mercato.

Le banche centrali hanno il compito di stabilire il tasso a breve termine vigente nel proprio Paese, ma non hanno il potere di controllare i tassi a lungo termine.

Sono le forze di mercato legate alla domanda e all’offerta che determinano il prezzo a lungo termine delle obbligazioni e, di conseguenza, la direzione dei tassi d’interesse a lungo termine.

Perché i tassi d’interesse influiscono sulle obbligazioni?

I prezzi delle obbligazioni hanno un rapporto inversamente proporzionale con i tassi d’interesse. Parliamo della maggior parte dei titoli di debito in circolazione, ossia quelli a tasso fisso (per i titoli a tasso variabile ci sono dinamiche di aggiustamento che permettono di allinearsi al nuovo contesto di mercato).

Prezzo delle obbligazioni

In sostanza, quando i tassi salgono, i prezzi delle obbligazioni scendono. Per contro, quando i tassi scendono, sono i prezzi delle obbligazioni a salire.

La ragione: il prezzo di un’obbligazione rispecchia il valore del reddito che da essa deriva mediante il pagamento di cedole (interessi). Se i tassi d’interesse che il mercato richiede per le caratteristiche di quel titolo (emittente, durata, rating, tipologia di prestito, garanzie fornite, ecc.) scendono, le obbligazioni già quotate sul mercato, che offrono tassi d’interesse maggiori, aumentano di valore.

Cosa vuol dire? Che il loro rendimento prospettico diminuisce per effetto dell’aumento del prezzo.

Ricapitoliamo: il risultato finale per l’investitore su un investimento in un titolo obbligazionario è dato da 2 fattori, stimando sempre che il titolo venga mantenuto fino alla sua naturale scadenza. Il primo motore di rendimento sono le cedole che verranno pagate dal giorno in cui acquisto il titolo e fino alla sua naturale scadenza. Il secondo motore è la differenza (positiva o negativa) tra il prezzo di acquisto del titolo da parte dell’investitore e il suo prezzo di rimborso.

Facciamo un esempio: sul mercato troviamo un’obbligazione quotata a 100, con una cedola annua del 2%. Scade tra 3 anni e verrà rimborsata a 100. Possiamo affermare in modo molto scolastico che il suo rendimento è del 2% annuo. Per effetto di dinamiche di mercato legate ai tassi, il rendimento che viene richiesto per questo titolo passa al 3% annuo, quindi aumenta. La cedola è fissa, non si può “adeguare” alle nuove dinamiche, pertanto sarà il prezzo che necessariamente scenderà, ad un prezzo intorno a 97. Chi acquista quel titolo, avrà un ritorno a scadenza proprio del 3% annuo (stiamo sempre su un esempio senza capitalizzazione composta e senza considerare gli aspetti fiscali), dato dalla sommatoria delle cedole predeterminate e del differenziale tra 97 (prezzo di acquisto) e 100 (prezzo di rimborso).

Viceversa dovessimo essere in un contesto di tassi che diminuiscono, la dinamica di adeguamento vedrebbe il prezzo dell’obbligazione sopracitata, salire sopra 100, per diminuire appunto il rendimento offerto dalla cedola (in questo caso il differenziale tra prezzo di acquisto e prezzo di rimborso sarebbe in valore negativo).

Un rialzo dei tassi è sempre negativo per le obbligazioni?

Nel breve periodo, un rialzo dei tassi d’interesse può incidere negativamente sul valore di un portafoglio obbligazionario.

Tuttavia, in un orizzonte temporale medio/lungo, l’aumento dei tassi d’interesse può di fatto incrementare la performance complessiva di un portafoglio obbligazionario, poiché i rimborsi delle obbligazioni in scadenza possono essere reinvestiti in nuove obbligazioni con rendimenti più elevati.

In questo contesto è meglio acquistare singoli titoli obbligazionari o fondi d’investimento obbligazionari?

È una risposta che richiederebbe una analisi approfondita del singolo caso da parte di un consulente finanziario, poiché non c’è una risposta unica e univoca per tutti. Dipende da come è già strutturato il portafoglio, quali esposizioni sono già in essere, qual è l’orizzonte temporale ed il livello di rischio che si è disposti a tollerare (le obbligazioni non sono tutte uguali), la situazione fiscale (il proprio zainetto), obiettivi, aspettative, e così via.

Analisi de proprio portfolio da parte di un consulente finanziario

Certamente un fondo ha una maggior diversificazione rispetto al singolo titolo, pertanto il rischio legato all’emittente ed alle dinamiche dei tassi, è maggiormente frazionato e risulta quindi più mitigato. Viene anche delegata alla società di gestione del comparto la strategia di “reinvestimento” dei titoli che vanno in scadenza o che vengono sostituiti per posizionarsi su nuovi strumenti.

Nella scelta di costruzione o ampliamento delle proprie strategie di portafoglio, legate al mondo obbligazionario, proprio per le molteplici variabili in campo che possono incidere sui prezzi e sui rendimenti, il consiglio è di confrontarsi con il proprio consulente finanziario per valutare ogni aspetto utile a definire le scelte più adeguate al proprio profilo.

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