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Tassi in rialzo, mutui in crescita: cosa fare?

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Il poderoso percorso di rialzo dei tassi nell’area Euro, avviato l’anno scorso da parte della BCE, è di portata storica. Mai avevamo assistito ad interventi così rapidi e massicci di aumento tassi, da quando esiste la moneta unica. 

Le misure, lo sappiamo, sono state motivate dalla necessità di contrastare un’inflazione (la più alta da una cinquantina d’anni) con cui stiamo tutti facendo i conti nella nostra disponibilità di spesa corrente per la vita quotidiana, in quella pianificata per il futuro e negli impegni che abbiamo assunto o che stiamo per sottoscrivere (mutui e prestiti su tutti).

Perché la BCE alza i tassi

Infatti per i mutui ed i finanziamenti in essere “a tasso variabile”, il rialzo dei tassi sta a significare che, a fronte del denaro ricevuto in prestito, occorre pagare interessi superiori. La conseguenza diretta è che, quando cresce il costo per finanziarsi, famiglie e imprese tendono a ridurre le richieste di finanziamento.

Tasso di interesse in continuo aumento

Un aumento dei tassi di interesse tende dunque a rallentare la spesa delle famiglie per beni e servizi e questo si riflette, nell’arco di un tempo non proprio definito, ma approssimativamente di alcuni mesi, in una riduzione della domanda e quindi dei relativi prezzi.

In questo modo la Banca Centrale utilizza la leva dei tassi alti per cercare di riportare gradualmente l’inflazione sui livelli desiderati. 

Tutto questo è però teorico, perché i Sistemi Economici sono complessi e soprattutto gli Attori che si muovono nel sistema economico, non sono così facilmente “manovrabili”: decidono ed agiscono per preferenze, opportunità, desideri e non necessariamente in modo razionale ed automatico. 

Secondo i dati dell’Eurostat, a gennaio l’inflazione nell’Eurozona si è attestata al 8,5% rispetto a dodici mesi prima. Il dato è in calo rispetto al 9,2% di dicembre, ma comunque molto elevato rispetto al 2% circa, che è l’obiettivo dichiarato della Bce. Questa situazione è conseguenza di una serie di fattori, alcuni emersi recentemente, altri più latenti: il caro-energia, il costo delle materie prime in alcuni casi letteralmente esploso, le difficoltà di approvvigionamento, i maggiori costi di produzione, il contesto geopolitico con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ecc. 

Cos’è l’EURIBOR

La maggior parte dei contratti di mutuo a tasso variabile è però legata al tasso Euribor.

L’Euribor è il tasso interbancario di riferimento comunicato giornalmente dalla European Money Markets Institute come media dei tassi d’interesse ai quali primarie banche attive nel mercato monetario dell’euro, sia nell’eurozona che nel resto del mondo, offrono depositi interbancari a termine in euro ad altre primarie banche.

Volgarmente possiamo dire che si tratta di un tasso “commerciale”, ossia il tasso a cui “su varie scadenze” un gruppo di Banche si prestano denaro tra loro.

Il tasso è dato appunto dalla media di questi contratti, depurato dalle code, ossia c’è una percentuale di operazioni con tassi troppo elevati e troppo bassi che viene esclusa, per avere un valore medio meno influenzato dagli estremi.

La situazione attuale

Ai valori di inizio marzo, il tasso Euribor a 3 mesi (prendiamo questo parametro per la nostra analisi) si sta avvicinando alla soglia del 3% (per la precisione 2,85% come si può vedere dal grafico).

Grafico Euribor

Soltanto a luglio del 2022, questo tasso era ancora in valore negativo. Addirittura la quotazione ad inizio gennaio dello scorso anno era -0,56%. Quindi in poco più di un anno, questo tasso è salito di quasi il 3,5%.

È chiaro che l’impatto sulle rate di un contratto già in essere è stato estremamente sensibile. L’incidenza varia a seconda del Capitale Residuo, della durata del mutuo, della tipologia di ammortamento, del metodo di calcolo del tasso (molti istituti applicano delle medie di periodo, pertanto in questa fase di brusco rialzo, il tasso è leggermente mitigato perché calcolato su periodi e quindi con valori differenti).

Occorre in tutta franchezza sottolineare un aspetto importante: chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile negli ultimi 15 anni, ha goduto di un periodo eccezionalmente favorevole, nonché particolarmente lungo. Il tasso Euribor è stato addirittura in valore negativo per quasi 8 anni ininterrottamente, dal 2015 fino all’estate del 2022.

Per avere un Euribor superiore a quello attuale, dobbiamo tornare indietro al dicembre 2008.

Questa fase così prolungata ha consentito a molti mutuatari di poter pagare rate mediamente inferiori a quelle di partenza del mutuo, quindi sostenendo bassi interessi (pagando praticamente il solo spread alla Banca o anche meno se contrattualmente era prevista la “sottrazione” in caso di euribor in valore negativo) e nel contempo alleggerendo il Capitale Residuo.

Cosa dobbiamo aspettarci?

Nel contesto attuale è altrettanto corretto dire che “si naviga a vista”, anche se probabilmente la fase di rialzo dei tassi è arrivata vicino alla fine della sua corsa. Dalla BCE dicono in modo abbastanza esplicito, che dopo marzo valuteranno tempo per tempo sulla base dei dati sull’inflazione, che appunto sembra essere incanalata in un percorso di discesa.

È interessante notare i tassi sulle scadenze medio, lunghe e lunghissime, per capire anche quale potrebbe essere l’aspettativa per i prossimi mesi e se ci sono delle possibilità di intervento per i mutuatari esposti al variabile. Quando guardiamo le scadenze lunghe, dobbiamo prendere in esame l’EURIRS, che è per così dire il fratello maggiore dell’EURIBOR, infatti si utilizza per scadenze da 1 anno a salire e si applica ai contratti di mutuo a tasso fisso.

Variable interest rate

Nel medesimo periodo di quotazione, il tasso EURIRS a 1 anno, è scambiato al 3,81%. Questo ci dice che l’aspettativa nel breve per i prossimi mesi è che comunque i tassi interbancari saliranno ancora.

Oggi assistiamo però ad un altro elemento anomalo: se guardiamo le scadenze più lunghe, notiamo valori inizialmente piatti, ma poi in costante diminuzione rispetto alle scadenze brevi.

Di solito dovrebbe avvenire il contrario, facciamo un esempio: se io presto denaro a 1 anno, oppure a 10 anni, per il maggior tempo a cui sono esposto al rischio della controparte e del mercato, chiedo di essere remunerato con un tasso maggiore. E invece abbiamo una situazione inversa: più si allungano le scadenze e più scende il tasso.

Sia i tassi a breve utilizzati per i mutui variabili, sia quelli a lungo adottati per i contratti fissi, risentono del contesto, sono soggetti a variazione e sono strutturati su “aspettative” da parte degli Operatori, che a volte possono non rivelarsi corrette. Questo per dire che le dinamiche che determinano i tassi, non sempre sono lineari e quindi sono molto difficili da “anticipare” con delle previsioni.

Che fare?

Chi è in procinto di acquistare casa e necessita di un mutuo per finanziare parte della sua operazione, deve mettere in conto che si misura in un contesto totalmente nuovo rispetto agli ultimi 10 anni. Sia che si opti per un contratto variabile, misto, oppure fisso, il mercato è totalmente differente da pochi mesi fa e i listini degli Intermediari vengono praticamente aggiornati ogni mese.

Consiglio sempre di sentire la propria Banca, il proprio consulente finanziario e al tempo stesso allargare la ricerca, cercando di valutare una proposta che sia coerente con le proprie capacità di spesa e di impegno economico per portare a termine un’operazione che deve essere soprattutto “finanziariamente sostenibile” nel tempo. E quando il mercato dei tassi si assesterà e probabilmente migliorerà in qualche scadenza, mettersi già nell’ordine di idee di poter rinegoziare il mutuo con la propria Banca o eventualmente surrogarlo, in caso di soluzioni più competitive.

Variable interest rate

Per chi ha un contratto di mutuo a tasso variabile gli ultimi mesi sono stati certamente difficili. C’è ancora da stringere i denti per un po’. Non c’è una strada che vada bene per tutti, perché ogni contratto, ogni situazione familiare e lavorativa è a sé. Si parla molto di interventi e moratorie a sostegno, qualcosa c’è, ma attualmente la platea che potrebbe usufruirne è limitata. Anche in questo caso è opportuno valutare con il proprio consulente finanziario la situazione. Come abbiamo visto, correre a convertire il tasso da variabile a fisso con una surroga non è detto che sia la soluzione corretta (attualmente sono livellati), appare più come una scelta d’istinto, dettata dal timore che la crescita delle rate continui a ritmi vertiginosi. Per quelle che sono le aspettative dei tassi a lungo, abbiamo visto che questo attuale contesto non può essere la normalità dei prossimi anni: il variabile che costa più del fisso sfida le leggi della relazione tra rischio/rendimento/tempo, ed in un’economia che vive di periodi ciclici, le anomalie tendono a riassorbirsi verso valori più corretti. 

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