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Opere d’arte e NFT: contatto o collisione?

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Il mondo dell’arte è cambiato il giorno 11 marzo 2021, quando un’opera digitale dell’Autore Beeple, intitolata Everydays – The first 5000 days, è stata venduta a New York da Christie’s per quasi 70 milioni di dollari.

Il successo dell’arte digitale

Si tratta di un collage di cinquemila immagini (da qui il nome) che l’artista ha realizzato tra il 1 maggio 2007 e il 7 gennaio 2021. Prima di Beeple non si era mai parlato così diffusamente di arte digitale e quindi di artisti digitali, piuttosto questi restavano etichettati come grafici, anche di ottimo livello, estroversi smanettoni del mondo digitale.  Dopo quella vendita è cambiato tutto, non solo per l’artista che ovviamente ha incassato una cifra monstre, ma perché l’intero settore dell’arte digitale ne è risultato legittimato.

La chiave di questo successo trova origine nella nascita degli NFT: una tecnologia che ha permesso alle opere d’arte digitali, tipicamente immateriali, non riconosciute, non identificabili, di essere appunto definite, riconosciute, rese immodificabili, firmate e quindi commerciate.

Opera d'arte digitale

Per quanto se ne parli, non tutti hanno ben chiaro che cosa sia un NFT: in estrema sintesi è un token, una custodia digitale con un valore economico, supportato da una crittografia che ne crea una tracciabilità digitale immutabile per un oggetto e che pertanto, divenuto stabile, non modificabile, riconoscibile e custodibile, lo rende appunto negoziabile per l’acquisto e la vendita.

Tecnicamente un NFT è la registrazione della proprietà di un oggetto digitale su una blockchain, che agisce quale timbro di identità per tale oggetto. Può indicare qualsiasi tipo di supporto, inclusi immagini, video, suoni, testo. È in sostanza un certificato di proprietà e di provenienza di un oggetto, di un bene, di un prodotto (fisico o digitale).

L’esplosione degli NFT è appunto recentissima e l’Arte Digitale è stato un ottimo veicolo per farli conoscere in tutto il mondo.

Il boom degli NFT

Il marketing ha fatto il resto e molti altri mondi hanno cavalcato questo fenomeno: ormai non si contano più le squadre di vari sport (calcio, basket, football, baseball, …), seguitissime a livello globale, che hanno utilizzato NFT per celebrare vittorie sportive, creare figurine virtuali dei loro giocatori, catalogare documenti storici dei loro campioni più amati del passato e così via, da vendere ai propri fan in tutto il mondo, allargando così la loro community. Ma perché così tanto successo? Gli appassionati di sport sono certamente superiori agli appassionati di arte, la diffusione del digitale come mezzo per vivere un’esperienza o restare in contatto con gli altri tifosi/fan della propria squadra del cuore e la capacità di queste di lanciare i loro migliori atleti come delle star globali, ha fatto il resto.

Qualcosa da sistemare c’è.

Essendo un settore così giovane e tutt’altro che semplice nella sua architettura, qualche problema di regolamentazione c’è.

Per prima cosa va sottolineato che tra Paesi non esiste ad oggi una normativa condivisa, né a livello legislativo né fiscale, quindi è impossibile adoperarli per pratiche istituzionali.

In seconda battuta è bene sapere che la sicurezza totale in rete non esiste, si può avere un file protetto ai massimi livelli di protocollo conosciuti, ma non è detto che basti.

Valuta per scambio NFT

Un altro tema collaterale agli NFT è la valuta con cui questi vengono scambiati. Essendo in un contesto di digitalizzazione spinta ai massimi livelli, è particolarmente frequente che il pagamento di NFT avvenga con delle criptovalute. Da qui sorge il dubbio, vista una certa opacità nelle transazioni finanziarie con Cripto, che la compravendita di opere digitali possa essere messa in atto per operazioni di riciclaggio, di reimmissione sul mercato di risorse che non hanno provenienze lecite.

Insomma, se da un lato la tecnologia NFT ha permesso alle opere digitali di essere legittimate e riconosciute a livello globale e quindi “vendute” agli appassionati e collezionisti, restano una svariata serie di nodi da sciogliere, per avere un mercato più maturo.

Dati sugli NFT

Rispetto a 2 anni fa, i valori si sono decisamente sgonfiati: il contesto internazionale geopolitico, le difficoltà di molti Exchange e Cripto hanno pesato sulle transazioni, ma soprattutto sui profitti, sul margine di rivendita delle opere.

Secondo il sito nonfungible.com il 2022 comunque ha visto oltre 1,5 miliardi di dollari di scambi, con il 60% del valore riconducibile ai collezionisti. Ma è proprio l’utile sulla rivendita ad essere drasticamente crollato di oltre l’80%. È anche il segnale di un mercato che sta cercando un suo assestamento.

Secondo i siti specializzati, gli Investitori in NFT oggi sono più cauti negli acquisti, maggiormente selettivi, individuano l’artista o l’opera su cui ritengono possa esserci fin da subito un potenziale. La “community” di appassionati NFT diventa sempre più ampia, ma al tempo stesso più esigente.

Arte tradizionale e digitale: contatto o collisione?

Il mondo dell’arte è sempre stato “particolare”, difficile per non dire difficilissimo da interpretare, molto referenziato e con qualche barriera all’ingresso. L’arte associata al collezionismo è una ulteriore nicchia di mercato, estremamente specializzata.

Arte fisica e arte digitale

Ma se nell’immaginario collettivo l’arte “tradizionale” è accessibile solo a chi ha ingenti disponibilità di spesa per questa passione, con gli NFT sono cadute molte barriere. Molti artisti hanno fiutato prima di altri questo cambiamento e lo hanno cavalcato. Le rivoluzioni digitali corrono veloci e già oggi parliamo di Musei Digitali: un’azienda italiana (Cinello) ha creato delle estensioni a livello digitale di alcune tra le più famose opere mondiali, per “una nuova generazione di collezionisti d’arte”.

Il mondo dell’arte fisico e digitale entrano così in contatto e permettono di creare un nuovo filone di profitti, che coinvolge anche i musei italiani (secondo i dati disponibili, sono stati retrocessi nel 2022 circa 300.000 euro ai Musei coinvolti sul nostro territorio, l’equivalente di 35.000 biglietti staccati). In questo caso il Digitale aiuta il mercato fisico dei musei.

E c’è un’impronta italiana anche nel primo museo che espone esclusivamente opere digitali. Si tratta del MOCDA, fondato a Londa 5 anni fa, proprio da un’italiana, che costantemente espone il meglio dell’arte digitale in circolazione. L’arte è davvero entrata nel mondo digitale e lo ha fatto cavalcandone le potenzialità, senza entrarvi in collisione come è stato per molti altri settori.

Il paradosso è che in una chiavetta digitale, in cui imprigioniamo la custodia di un’opera, si realizza la caduta di qualsiasi frontiera.

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