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Sassi, domande e responsabilità sul tema finanziario

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Questo suo breve racconto mi è rimasto appiccicato nello scorrere del tempo e riporta a quando era agli inizi della sua attività lavorativa e si occupava di vendite per una azienda. Si intitola “Stare in cima, anche ad un mucchio di sassi”.

Qui a seguire, riporto fedelmente un post che ho trovato pubblicato nel 2017 da Sebastiano Zanolli, che ho avuto il piacere di ascoltare dal vivo ad un evento giusto un paio d’anni prima. Sebastiano è un manager aziendale, formatore, scrittore e speaker.

Luglio 1991. Mille anni fa.
Caldo soffocante, dintorni di Salonicco, Grecia.
Ho con me una pilotina piena di campioni di tessuto.
Vesto il mio completo di poliestere/viscosa, e una improbabile cravatta a fiori, rotolata fuori dai ruggenti anni ‘80.
Mi sta di fronte un imprenditore locale, molto ma molto più bravo a comprare di quanto io non sia bravo a vendere. Inizio.
Approccio, presentazione del prodotto, superamento obiezioni, chiusura.
Seguo, come dal manuale di Mario Silvano, tutte le tappe che un manager delle vendite deve percorrere per finalizzare un affare.
Ma niente, Jorgo è un osso duro.
Non chiudo nulla.
Riprendo daccapo.
Caratteristiche, vantaggi, tecnica del sandwich, ricalco, guida.
Tutta la programmazione neurolinguistica sulla punta delle dita.
Ma in Grecia commerciavano e discettavano di filosofia quando i miei avi barattavano radici e pigne.
Non c’è storia.
Lui comprerà solo se calerò i pantaloni sul prezzo.
Ormai è chiaro.
Continuo a perdere terreno.
Sono alla frutta, e decido di giocare una carta che mi sembra ottima. Telefono al titolare, mio datore di lavoro nonché direttore generale.
Il dispensatore di autorità, l’ente supremo. Lui può.
Lui ha tutte le possibilità di risolvere il mio problema. Ma soprattutto lui sa.
Io credo che lui sappia.
Lui è sopra, lui sa, lui può.
Non esiste il cellulare nel 1991 (o almeno io non ne sono al corrente), quindi cerco un telefono fisso e chiamo.
Spiego, dico, illustro al capo la situazione.
Mi basta la soluzione.
Mi aspetto una taumaturgica sentenza, e invece è proprio qui l’errore. Il grande errore.
La mia crassa ignoranza di giovane manager se ne esce con spudorata semplicità.
Ho pensato che chi sta sopra sappia.
Ho creduto che la mia posizione possa permettere spostamenti di responsabilità.
Ho immaginato che ci sia sempre un aziendale lieto fine grazie a un “deus ex machina”, come nei film di Frank Capra.
E nessuna di queste assunzioni è vera.
Il mio capo mi risponde così.
Me lo ricordo a memoria.
«Senti Sebastiano, mi sembra che tu non conosca il modo per chiudere questo affare.
Ora, visto che anche io non so come fare, e non voglio nemmeno sapere come fare, non ho nulla da dirti.
Sii consapevole però che questa azienda si può permettere solo una persona che non sa come fare e ora, per quanto mi guardi intorno, quell’unica persona sono io.
Quindi se tu non sai come fare e io non so come fare, quello che è di troppo sei tu, e in questo caso ti prego di toglierti di torno». Avevo sbagliato tutto.
Avevo sbagliato punto di vista e anche principio. Il capo ero io.
La funzione era mia.
Il “deus ex machina”, se c’era, dovevo essere io.
Nessun altro.
Quel giorno ho imparato che in cima, anche a un mucchio di sassi, si è da soli, e nessuno ti toglierà le castagne dal fuoco e nemmeno ha il dovere di farlo.
Per lo stesso fatto di avere accettato un lavoro hai accettato la responsabilità.
Sono due facce ma sono la stessa moneta.
L’unica magra consolazione, come dice Donald Trump, è che almeno in cima non si sta stretti.
Speriamo bene.

La citazione finale, di quello che poi a discapito di qualsiasi futuristico pronostico, è diventato anche Presidente degli Stati Uniti, è per così dire la ciliegina su una torta che è comunque ricca di contenuti.

Il racconto è davvero immersivo, sembra di essere lì, in Grecia, a patire un gran caldo.

Ognuno può trovarci dentro molti spunti: chi ha incarichi in aziende, che siano piccole o strutturate, avrà ripensato al tema dell’autonomia, della necessità di chiudere una trattativa e portare a casa un risultato, della condivisione (soprattutto quando non c’è) e così via.

Scelta finanziaria patrimoniale

Nelle scelte di carattere patrimoniale e finanziario, ognuno è libero di decidere se in cima al mucchio di sassi, vuole starci da solo, oppure vuole farsi affiancare.

Il ruolo del consulente finanziario è anche quello di aiutare il Cliente a scalare quel mucchio di sassi, supportandolo nelle decisioni strategiche, che hanno impatti nelle scelte di vita, familiari e anche professionali.

La condivisione permette di arrivare alla costruzione di scelte dove il peso della responsabilità di queste, può essere alleviato proprio perché non si è da soli nel decidere. Come proteggo il mio patrimonio? Come tutelo le persone a me care? Come investo i miei risparmi? Come finanzio l’istruzione dei miei figli? Come gestisco finanziariamente la mia vecchiaia? Come costruisco una pensione? Come trasferisco le mie attività?

Queste sono solo alcune delle tipiche domande che un risparmiatore si pone quotidianamente, muovendosi in un contesto, che spesso conosce poco o non così approfonditamente, da un punto di vista fiscale, legale, degli strumenti giuridici e delle dinamiche finanziarie.

La soluzione, come scrive Sebastiano Zanolli, non è spostare la responsabilità verso altri, ma a differenza di quanto è successo in quella afosa giornata in Grecia, condividere il problema con il proprio consulente finanziario e insieme gestire la situazione, definire il percorso e arrivare in cima.

Il tema della condivisione mi riporta verso un altro personaggio, questa volta del mondo sportivo, ricordato oltre che per le sue capacità sul campo di calcio, anche per l’innovazione che ha portato nel gioco.

Squadra di consulenti finanziari

La fondazione costituita a nome di Jhoan Cruyff, nel mondo ha aperto oltre 200 campi per ragazzi: il primo proprio in Italia a Como e non è intitolato a Cruyff… ma a Stefano Borgonovo. Un uomo che è stato un enorme esempio di come si affrontano le sfide (le più difficili) che la vita a volte ci riserva.  Ancora oggi il suo entusiasmo è di ispirazione in tante realtà sportive d’Italia. Il campo di Como non è una scuola calcio a pagamento: è un normale, semplice campetto, aperto a tutti i bambini, gratuitamente, dove si promuove il rispetto per gli altri, la salute, l’integrazione, lo stare insieme.

Vediamo dunque le 14 Regole, scritte su un tabellone all’ingresso di ogni campetto aperto dalla Fondazione (ovviamente 14 come il numero di maglia di Cruyff).

  1. Gioco di squadra. Da soli non possiamo farcela, dobbiamo essere uniti.
  2. Responsabilità. Prenditi cura delle cose come se fossero le tue.
  3. Rispetto. Rispetta gli altri.
  4. Integrazione. Coinvolgi altre persone nella tua attività.
  5. Iniziativa. Prova a fare qualcosa di nuovo.
  6. Allenamento. Aiuta sempre i compagni di squadra.
  7. Personalità. Sii te stesso.
  8. Partecipazione Sociale. È importante nello sport e nella vita.
  9. Tecnica. È la base.
  10. Tattica. È sapere quello che devi fare.
  11. Sviluppo. Lo sport sviluppa il corpo e l’anima.
  12. Imparare. Impara ogni giorno una cosa nuova.
  13. Giocare Insieme. È una parte essenziale del gioco.
  14. Creatività. È la bellezza dello sport.

Giocare Insieme… è la parte essenziale.

Contattami per farmi sapere cosa ne pensi.

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