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Perché è importante parlare di previdenza complementare?

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Se parli di previdenza integrativa, non sei uno sfigato, stai solo facendo bene il tuo lavoro di consulente finanziario. Perché la previdenza complementare non è un argomento di Serie B.

La previdenza complementare è una forma di previdenza che si aggiunge a quella obbligatoria, ma non la sostituisce (per ora…). È fondata su un sistema di finanziamento a capitalizzazione. Per ogni iscritto viene creato un conto individuale nel quale affluiscono i versamenti (TFR e/o volontari) che vengono poi investiti di prassi nel mercato finanziario da gestori specializzati.

 

Lo “spinoso” tema della previdenza complementare

Una volta un formatore, con un’esperienza ultratrentennale nel campo assicurativo, mi disse che l’argomento della previdenza complementare è sempre stato storicamente snobbato dai consulenti finanziari.

Il motivo era molto semplice a suo dire: “è un argomento dove c’è tanto da sapere e poco da guadagnare”.

In sintesi, la sua esperienza di aule e corsi con centinaia di consulenti finanziari lo ha portato anche un po’ provocatoriamente a definire questa relazione inversa. Dico provocatoriamente perché nei toni del suo messaggio, percependo distintamente la passione che lo animava, c’era l’invito a farsi portatori di un nuovo atteggiamento, dettato dalla sempre più crescente necessità di fare buona informazione sul tema.

Credo che negli ultimi anni qualcosa sia cambiato: la categoria dei consulenti finanziari ha sicuramente compiuto passi in avanti in termini di formazione previdenziale e non soltanto la classica “obbligatoria” per mantenere l’iscrizione al RUI. C’è oggi maggiore consapevolezza sul tema e non ultimo l’inserimento di giovani professionisti, loro stessi interessati dalla tematica e quindi “portatori sani di conoscenza dell’argomento”, ha permesso di avviare un processo di maggior sensibilizzazione.

In effetti l’affermazione del formatore, per quanto tranchant, non era così distante dalla realtà: la materia richiede studio, approfondimento e preparazione, perché l’argomento è vasto, le casistiche infinite e se si vuole essere un valido supporto nell’aiutare il cliente a costruire il suo percorso decisionale in ottica previdenziale, non ci si può improvvisare.

Lavoratori dipendenti, autonomi, professionisti, atipici, di rientro dall’estero, INPS, gestioni separate, casse previdenziali, enti… e ancora Riforma Dini, Maroni, Fornero, esodati, quota 100 e forse quota 102, buste arancioni inviate e mai arrivate a destinazione. Una babele che complica l’analisi delle situazioni.

La sfida però è avvincente: penso a chi è giovane – per quanto oggi il termine “giovane” abbia confini decisamente allargati – e per costruire un percorso decisionale che porti ad una pianificazione in ottica previdenziale, si misura con il definire un macro-obiettivo che fa da collante per tanti altri piccoli/grandi obiettivi della vita.

Un ragazzo che si inserisce nel mondo del lavoro:

  • Inizia a vedere i primi risparmi: “e adesso, che si fa?”
  • Il lavoro si stabilizza: “metto in cantiere qualche progetto?”
  • L’acquisto della casa: “come lo finanzio e come lo tutelo?”
  • Due cuori e una capanna: “ragioniamo insieme, come impostiamo le nostre scelte di coppia?”
  • La famiglia si allarga: “come costruiamo il futuro per i nostri figli?”
  • Il tempo è volato: “come affrontiamo la fase della pensione?”
Aiutare il cliente a costruire il suo percorso previdenziale e a raggiungere l'obiettivo prefissato

Di solito l’obiettivo previdenziale è l’ultimo della lista e spesso quando ci pensa, forse è già tardi per fare qualcosa di importante, che possa fare la differenza quando sarà il momento.

Quando affrontare il tema della previdenza complementare?

Non esiste un momento migliore di un altro. Il mio consiglio è di pensarci il prima possibile.

Il fattore che determina il successo di una strategia previdenziale è fondamentalmente uno: il tempo.

Previdenza vuol dire ragionare a lungo/lunghissimo termine: prima si affronta la questione e meglio è.

Non è solo un fattore finanziario, ma anche fiscale e da un certo punto di vista “comportamentale”, di presa di coscienza della situazione e di capacità di affrontarla.

Affrontare il prima possibile il tema degli accantonamenti previdenziali

Attenzione: la vita di un individuo (sia per l’ambito personale che professionale) si sa che non è fatta di percorsi lineari, stabili, ben definiti e con docili pendenze. La strada può essere spesso impervia, con dei fuoripista, dei saliscendi e c’è da lottare per arrivare alla meta. Questo implica che una pianificazione previdenziale possa essere rivista, ripensata, rimodulata secondo i cambiamenti che accompagnano la persona. È un fattore da mettere in conto nella costruzione della propria strategia.

Se al tempo, applichiamo anche una corretta disciplina nella gestione dei propri accantonamenti previdenziali, rimodulandoli secondo la propria carriera lavorativa, il tasso di risparmio e l’evoluzione del proprio contesto familiare, non si può fallire.

Quando ho iniziato, vista l’età, i miei primi clienti sono stati miei coetanei, che come me erano all’avvio della loro attività lavorativa. Quindi pochi o quasi zero risparmi, tanti progetti e qualche sogno.

Parlare di previdenza (e spesso è così tutt’ora) mi faceva “collezionare” battute di ogni genere: “ma tanto c’è tempo, figurati se penso adesso alla pensione, già risparmio poco ora figuriamoci se ho spazio per un fondo pensione, in pensione ci vanno tutti e bene o male ci andrò anche io” e così via (queste sono le classiche, tralascio le più colorite).

In realtà, a 20 anni di distanza, posso invece constatare che quei ragazzi (oggi con un’età sui 45-50 anni) che hanno iniziato ad accantonare e pianificare per la loro previdenza, si sono in qualche modo “educati” più o meno consapevolmente a risparmiare, a programmare, a definire obiettivi temporali, a controllare la loro posizione, a fare confronti, ad informarsi.

Cosa deve fare un buon consulente finanziario?

Oggi, in ambito finanziario, sono persone molto più consapevoli della media per quel che posso verificare. È come se le loro scelte, diventate poi abitudini, abbiano modellato nel tempo la loro persona, in modo silenzioso, ma costante. Hanno semplicemente preso un obiettivo a lunghissimo termine, tipicamente snobbato, forse quello che sembra il meno interessante da definire e con piccoli passi hanno costruito risultati importanti. 

Per assurdo, visto che da vicino li ho potuti osservare in questo pezzettino di percorso, hanno avuto maggiore facilità a gestire la costruzione di obiettivi ben più complessi, perché erano tutto sommato “allenati”, abituati ad un processo di valutazione e di successiva messa in opera.

Per un consulente finanziario (non voglio generalizzare, perciò in primis mi metto dentro anche io) è molto più stimolante parlare e interagire con i clienti su temi quali mercati, settori o trend d’investimento, l’allocazione del patrimonio, la sua protezione, la pianificazione finanziaria. È la quotidianità ed è anche un propulsore della nostra passione per questa attività.

La previdenza spesso resta in coda, è l’argomento un po’ “sfigato”, dove come diceva quel formatore “devi saperne tanto per guadagnarci poco”.

Nel nostro settore, che spesso cade in autoreferenzialità, ci viene chiesto dalle istituzioni di essere anche un po’ degli educatori finanziari, di formarci, di crescere in competenze ed utilizzarle per cercare di aiutare le persone a meglio comprendere le tematiche del risparmio e degli investimenti, supportandole nel definire obiettivi e come allocare le risorse per raggiungere quegli stessi obiettivi.

Un ottimo lavoro sui giovani è stato svolto in questi anni da ANASF e da tutti i formatori di Economic@mente, che sul territorio hanno coinvolto proprio le scuole superiori, dove sta la generazione che domani costruirà il suo percorso professionale ed inoltre gestirà i patrimoni che oggi i nostri clienti detengono, in quello che sarà un passaggio di ricchezza generazionale.

Questo è un altro motivo per cui il tema della previdenza complementare non va sottovalutato: è l’urgenza di cui una generazione quasi totalmente non ha consapevolezza. E diventerà un serio problema se non verrà affrontato.

Per chi lavora nel nostro settore, è una grande opportunità di accompagnare una generazione verso comportamenti e scelte più consapevoli… e questa occasione richiede equivalente dose di responsabilità.

Insegnare ed educare i giovani consulenti finanziari ad attività previdenziali

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