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Deglobalizzazione. Stiamo andando verso una nuova vecchia frontiera?

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Quali sono i fattori strutturali, uniti alla situazione nella quale ci troviamo, che sono alla base di un mutamento del sistema globale che riguarda ambiti economici, politici e istituzionali.

La serie di sfide globali a cui stiamo assistendo, in primo luogo i cambiamenti della composizione geo-politica, economica e del sistema finanziario internazionale, stanno modificando le strategie e le regole di comportamento finora adottate. Ma quali sono i processi che hanno innescato crisi e discontinuità, tali per cui parliamo di deglobalizzazione?

Le recenti cause della deglobalizzazione

Sebbene si possa partire da molto prima, vediamo alcuni avvenimenti recenti che hanno segnato delle “frammentazioni”: il terremoto in Giappone, il grande black-out in Texas, l’ostruzione del Canale di Suez, la pandemia unita ai lockdown, i costanti eventi atmosferici estremi e la recentissima guerra in Ucraina, hanno causato l’interruzione o gravi rallentamenti di importanti catene di approvvigionamento, limitando drasticamente il flusso di beni essenziali, cibo e gas in primis.

Nel testo di Deglobalization and Alternative Futures, Valeria Giacomin (Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche presso la Bocconi) e Geoffrey Jones (Harvard Business School) hanno affrontato quattro macro-temi che dagli anni 2000 stanno spingendo il mondo verso la deglobalizzazione, ovvero:

  1. l’emersione del terrorismo globale
  2. la crisi finanziaria del 2008
  3. la crescita del populismo e dei regimi autoritari
  4. la rivalità economica tra Stati Uniti e Cina

Inoltre, la pandemia ha contribuito a sollevare ulteriori problematiche, come gli interventi sanitari a contrasto della diffusione del virus, molto differenti nei vari Stati.

Deglobalizzazione o nuova globalizzazione?

Ma a cosa stiamo andando incontro? Nell’immaginare possibili scenari futuri occorre soffermarsi su alcuni aspetti principali.

Iperconnesione globale

Inutile dire che con l’avvento su scala globale di Internet e la grande disponibilità dei vari device tecnologici, il mondo è diventato iperconnesso, generando un flusso di informazioni – a volte indomabile – capace in pochi secondi di far interagire miliardi di persone letteralmente dislocate in ogni angolo del mondo. Ciò ha portato il pianeta Terra a diventare una sfera fisico-informativa, in cui un numero indefinito di sotto-insiemi dinamici ed in mutamento (persone, infrastrutture informatiche, robot ed intelligenze artificiali) interagiscono tra loro su varia scala.

Catastrofe della complessità

L’entrata della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ha cambiato le regole della forza-lavoro globale finora conosciute e la struttura dei costi, favorendo così la dislocazione internazionale delle fasi di produzione per almeno un paio di decenni. 

Sono stati anni di accelerazioni, non solo dal punto di vista tecno-economico, ma anche finanziario e politico-istituzionale. Questi cambiamenti – più o meno grandi – hanno permesso un netto miglioramento della qualità di vita (almeno in apparenza), rispetto alle condizioni precedenti, in moltissimi Paesi.

La grande interconnessione finanziaria/economica/informativa, ha avuto il pregio di ridurre drasticamente le barriere tra le persone, ma come rovescio della medaglia ha favorito la creazione di un sistema globale complesso che, come tutti i sistemi complessi, può andare incontro a una “catastrofe della complessità”. In questo tipo di evoluzione il cambiamento avviene in maniera improvvisa, la destabilizzazione del sistema può verificarsi a causa di eventi dirompenti provenienti dall’esterno, o mutazioni interne al sistema stesso che avvengono in maniera più o meno graduale, causando crisi generali data l’esistenza delle interconnessioni.

Perdita del controllo delle filiere

Un altro problema di fondo è che, trovandoci in un mondo sempre più iperconnesso, il rischio di perdere il controllo delle sequenze economico-produttive è molto alto aprendo la strada a due tipi di processi:

1. Sviluppo e accumulo di conoscenze in sub-aree economico-produttive

Prendono corso eventi che spingono l’economia di un dato Paese ad essere totalmente value chain, abbandonando una catena globale.

Questo processo comprenderà le diverse fasi del mercato, dalla progettazione fino alla distribuzione, passando per i servizi post-vendita e di approvvigionamento. Il value chain permetterà a una nazione, come è stato il caso della Cina, di essere gradualmente capace di generare produzioni sostitutive a livello nazionale e internazionale.

2. Intersezione e sovrapposizione tra filiere economico produttive

Questa situazione di intersezione e sovrapposizione ha favorito fenomeni di “strozzatura produttiva”, ovvero la creazione di una situazione, condizione o comportamento che costituisce un ostacolo o che sia motivo di rallentamento al normale e regolare svolgimento di un’attività produttiva. Ad esempio, gli eventi imprevisti – come pandemia, fattori geo-politici e così via – hanno contribuito a far nascere situazioni di scarsità. Da qui ne deriva la discontinuità e le ripercussioni generalizzate dalle interconnessioni globali. 

È dunque la fine della globalizzazione? La risposta immediata potrebbe essere sì, ma solo di quella che conosciamo fino ad ora. Bisogna quindi cercare di definire delle traiettorie future.

Il domani che verrà: siamo davanti alla quarta globalizzazione?

Difficile rispondere a questa domanda. Se abbiamo appena affermato che la globalizzazione – la terza per l’esattezza – in cui ci siamo trovati fino a poco fa è finita, è opportuno fare delle considerazioni.

In primis non possiamo parlare di deglobalizzazione a 360°, poiché la sfera informativa è globalizzata, non si può né fermare né contenere, in quanto deriva da una creazione umana che ad oggi fa parte della nostra vita. Dunque, data l’esistenza di questa sfera fisico-informativa in continua espansione, il controllo e la gestione dei flussi informativi generati dalla componente umana, assumerà sempre più importanza, intensificando le relazioni a livello globale.

L’era odierna è dominata da grandi asimmetrie di reddito, accentuate dalla crisi pandemica, ecologica ed economica. Inoltre, le dinamiche socio-tecniche ne creeranno senza dubbio di nuove, complicando ancor di più il contesto.

In sostanza: verso quale futuro stiamo andando? Gli scenari possibili, sono molteplici:

  1. Le attuali tensioni tra Paesi e all’interno di ogni Paese rischiano di causare nuove contraddizioni asimmetriche.
  2. Il rischio climatico ed energetico sono un tema centrale e irrisolto, nonostante l’impegno governativo.
  3. Gli scambi internazionali si sviluppano in modo difficilmente governabile e alcune di queste alleanze hanno creato un rallentamento dei flussi fisici di commercio e di capitali.

Anche in ambito finanziario, non solo in quello sociale, è importante comprendere gli scenari che si prospettano. Innanzitutto per conoscere le complessità che i governi stanno affrontando e di come queste possano incidere sui nostri investimenti presenti e futuri.

In secondo luogo, se vogliamo investire, è necessario essere informati sul contesto generale per comprendere ed elaborare insieme al nostro referente, le migliori strategie a breve, medio o lungo termine, tenendo conto degli eventi esterni. 

I temi su cui porre attenzione sono molteplici, e non sempre da soli è facile contestualizzarli nella situazione in cui ci troviamo. Se necessiti di un consulente finanziario che ti possa aiutare in questo senso, contattami per una consulenza gratuita e personalizzata.

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