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COP28: un passo in avanti o un’opportunità mancata?

Matteo Spairani, consulente finanziario

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Gli esiti della Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici organizzata dall’ONU sono decisamente contraddittori e non poteva essere altrimenti.

Già in partenza, averla organizzata a Dubai, ha portato il paradosso di avere presenti ai tavoli di lavoro, più petrolieri che delegati dei Paesi a maggiore rischio per il cambiamento climatico.

Ma sempre nel solco delle contraddizioni, avere sulla scena i rappresentanti dell’industria petrolifera ha al tempo stesso portato al centro dell’attenzione il tema dei combustili fossili e necessariamente la politica lo ha dovuto affrontare.

COP28, facciamo un po’ di chiarezza

La COP28 dà ragione ai movimenti per il clima: la crisi del clima è la crisi dei combustibili fossili.

Ma i Paesi che hanno sottoscritto l’accordo non vanno poi fino in fondo rispetto a questa ammissione: può essere definito un accordo storico, perché appunto per la prima volta si indicano i combustibili fossili come causa principale della crisi del clima, ma allo stesso tempo deludente per gli impegni presi, anzi non presi.

Gli effetti della crisi climatica

Al termine i funzionari e i rappresentanti dei governi di quasi 200 Paesi hanno raggiunto un accordo (chiuso frettolosamente) per ridurre gradualmente l’uso dei combustibili fossili, dopo che una precedente proposta aveva incontrato una feroce e diffusa opposizione. I Paesi che maggiormente hanno osteggiato questo percorso sono stati Iran, Arabia Saudita, Russia e Iraq.

La parola magica che la politica ha trovato in questa occasione per chiudere i lavori dell’Assemblea, è stata “allontanamento da” (transition away), evitando così di impegnarsi in un termine decisamente più forte come “eliminazione” (phaseout).

Riassumendo il documento finale, si “chiede” (call on) alle parti di contribuire a:

  • Triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale e raddoppiare il tasso medio annuo globale di efficientamento energetico entro il 2030;
  • Accelerare gli sforzi verso l’eliminazione progressiva (phasedown) dell’energia prodotta col carbone altamente emissivo (unabated);
  • Accelerare gli sforzi a livello globale verso sistemi energetici a zero emissioni nette, utilizzando combustibili a zero e a basse emissioni di carbonio ben prima della metà del secolo;
  • “Allontanarsi” dai combustibili fossili nei sistemi energetici, “in modo giusto, ordinato ed equo”, accelerando l’azione in questo decennio critico in modo da raggiungere lo zero netto entro il 2050;
  • Accelerare l’uso di tecnologie a zero e basse emissioni, comprese le energie rinnovabili, il nucleare, la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio e le tecniche come la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio (CCS), in particolare nei settori difficili da decarbonizzare (hard-to-abate);
  • Accelerare e ridurre sostanzialmente le emissioni diverse dalla CO2 a livello globale, comprese in particolare le emissioni di metano entro il 2030;
  • Accelerare la riduzione delle emissioni derivanti dal trasporto su strada attraverso una serie di percorsi, anche attraverso lo sviluppo delle infrastrutture e la rapida diffusione di veicoli a zero e a basse emissioni;
  • Sostenere finanziariamente i Paesi del Sud del mondo più colpiti dall’impatto della crisi climatica.

L’accordo dietro al COP28

L’accordo cosiddetto “phase-down” implica una riduzione dell’uso di combustibili fossili, ma non una fine assoluta. Molti partecipanti alla conferenza, in particolare i rappresentanti dell’UE, ritenevano che il vertice COP28 avrebbe potuto essere considerato un successo solo qualora si fosse giunti a un accordo sull’eliminazione graduale di tutti i combustibili fossili. La combustione di carbone, petrolio e gas costituisce la principale causa del cambiamento climatico ed è responsabile di oltre tre quarti delle emissioni globali di gas serra. Una precedente bozza di testo, pubblicata nelle fasi finali dei colloqui, era stata ampiamente criticata per l’assenza di formulazioni sulla cessazione dell’uso dei combustibili fossili.

Combustibili fossili

La mancata definizione di un percorso di uscita dai combustibili fossili, rende questo vertice sul clima un’occasione mancata.

Madeleine Diouf Sarr è ministro dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile in Senegal. È a capo del dipartimento per il cambiamento climatico ed è portavoce dei Paesi in via di sviluppo, che hanno il maggior rischio/impatto dagli effetti del cambiamento climatico. Il suo giudizio verso gli esiti di COP28 è il seguente: “Il risultato di oggi è pieno di linguaggio eloquente, ma purtroppo privo di impegni attuabili. Le nostre comunità meritano più che obiettivi ambiziosi; hanno bisogno di un sostegno reale, immediato e di grande impatto per adattarsi alla realtà del cambiamento climatico”.

Ormai è chiaro che il ritardo che si sta accumulando è clamorosamente drammatico.  L’accordo di Parigi sul Clima risale a 8 anni fa (dicembre 2015). Proprio in questi giorni vari Istituti di Ricerca certificano il 2023 come l’anno più caldo di sempre, con la temperatura media globale più alta mai registrata nel periodo gennaio-novembre. Questa situazione ha favorito eventi atmosferici estremi in varie aree del mondo.

Per COP29, tra 11 mesi a Baku, in Azerbaijan, forse saremo obbligati a fare dei passi in avanti.

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