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COP26 Glasgow: appunti di un tempo lontano

Matteo Spairani, consulente finanziario

News

Transizione energetica in “epoca di guerra”: è ancora possibile? Scopriamolo insieme

È passato meno di un anno da COP26 a Glasgow, eppure gli stravolgimenti geopolitici, energetici e finanziari di questo periodo, non fanno altro che spingerci con forza dentro un nuovo contesto.

Riavvolgiamo brevemente il nastro

La conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite, nell’ambito della Conferenza quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) si è tenuta nella prima decade di novembre del 2021. 

Erano 4 gli obiettivi principali della COP26, individuati dalla Presidenza:

  1. Mitigazione: azzerare le emissioni nette entro il 2050 e contenere l’aumento delle temperature non oltre 1,5 gradi, accelerando l’eliminazione del carbone, riducendo la deforestazione ed incrementando l’utilizzo di energie rinnovabili
  2. Adattamento: supportare i paesi più vulnerabili per mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici, per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali
  3. Finanza per il clima: attivare i finanziamenti ai paesi in via di sviluppo, raggiungendo l’obiettivo di 100 miliardi di dollari annui
  4. Finalizzazione del “Paris Rulebook”: rendere operativo l’Accordo di Parigi, con particolare riferimento al tema della trasparenza: l’insieme delle modalità per il reporting delle emissioni di gas serra ed il monitoraggio degli impegni assunti dai Paesi attraverso i contributi determinati a livello nazionale.

È importante sottolineare come ogni decisione, in ambito UNFCCC, e quindi anche alla COP26, debba essere presa con il consenso dei 196 Paesi che sono parte della Convenzione, sostanzialmente all’unanimità. E il consenso unanime, su ogni riga dei testi che compongono le numerose decisioni finali, non è cosa facile.

Obiettivi COP26

Ecco brevemente la risposta a questi obiettivi, definita in conclusione dei lavori della conferenza.

1.Mitigazione

 

Per la prima volta viene riconosciuto che l’obiettivo delle politiche climatiche deve essere quello di mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale. Solo 7 anni fa, con l’Accordo di Parigi del 2015, ci si era preposti come obiettivo i 2°C: essere riusciti ad inserire un riferimento molto più stringente è uno dei risultati più importanti della COP26.

Va inoltre sottolineato l’importanza di aver esplicitamente inserito, nel testo finale del Glasgow Climate Pact, il riferimento alla graduale eliminazione dell’uso del carbone.

2. Adattamento


Si è deciso di raddoppiare i fondi internazionali per le azioni di adattamento, soprattutto nei Paesi più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. È stato inoltre
approvato un programma di lavoro per definire il “Global Goal on Adaptation”, finalizzato a definire gli indicatori per monitorare le azioni di adattamento dei Paesi.

Particolarmente accesa è stata la negoziazione sulle perdite ed i danni subiti in conseguenza dei cambiamenti climatici (“Loss and Damage”); forte la spinta negoziale per chiedere strumenti finanziari dedicati per supportare i Paesi per minimizzare le perdite ed i danni. Nelle conclusioni, è previsto l’avvio di un “dialogo” su questo tema, da concludersi entro il 2024, per l’istituzione di un fondo per sistemi di allerta e minimizzazione delle perdite e danni conseguenti ai cambiamenti climatici.

3. Finanza per il clima


L’obiettivo di raggiungere, entro il 2020, 100 miliardi di dollari annui per
supportare i Paesi vulnerabili non è stato ancora raggiunto (nel 2019, si sono sfiorati gli 80 miliardi). Nell’ambito della COP26 sono stati tuttavia molteplici gli impegni da parte di diverse istituzioni finanziarie e dei Paesi per aumentare i propri contributi e far sì che tale obiettivo sia raggiunto il prima possibile. Secondo le stime dell’OCSE, si potrebbe raggiungere quota 100 miliardi annui entro fine 2023, con la prospettiva di aumentare l’impegno gli anni seguenti.

4. Finalizzazione Paris Rulebook


Per rendere pienamente operativo l’Accordo di Parigi, sono stati finalizzati i lavori su vari temi di natura tecnica, tra cui la
trasparenza. A tal fine sono state adottate le tabelle e i formati per il reporting ai sensi del nuovo quadro di trasparenza dell’Accordo di Parigi, che entrerà in vigore per tutti i Paesi, sviluppati e non, entro il 2024. Per la finalizzazione di questo lavoro, è stato necessario un accordo su come tradurre all’interno delle tabelle e dei formati le specifiche opzioni di “flessibilità” a disposizione dei Paesi in via di sviluppo in caso non riescano ad applicare appieno le regole stabilite in virtù di limiti di capacità nazionali.

Un tempo nuovo e una transizione da portare avanti

Da lì a 3 mesi, precisamente come data spartiacque possiamo adottare il 24 febbraio (giorno dell’inizio dell’operazione speciale militare sul territorio Ucraino), il quadro è stato stravolto. L’attenzione mondiale si è spostate nel cuore dell’Est Europa per le vicende che tutti conosciamo.

Gli impegni però, pur essendo sorte nuove priorità ed urgenze date dal contesto internazionale, restano assunti. E queste nuove urgenze, danno ancor più spinta alla necessità di accelerare una transizione energetica.

Global economy

La guerra in Ucraina e il forte rischio di rimanere senza gas russo nel periodo invernale hanno riportato prepotentemente in primo piano il tema di questa transizione. Per il momento l’Europa si sta attrezzando con approvvigionamenti di gas provenienti da altri Paesi, ma sul lungo termine l’eccessiva dipendenza dai combustibili fossili tornerà a mettere in pericolo l’economia continentale e globale.

La strategia Europea

Il distacco graduale dalle fonti fossili è ormai indispensabile. La transizione è in corso e passa attraverso varie strategie, dalla diffusione delle energie rinnovabili, all’ottimizzazione dei consumi. L’Unione Europea vuole smarcarsi dai combustibili fossili russi ben prima del 2030 e ha già messo diversi piani in campo, come il REPowerEU che va a potenziare il pacchetto Fit for 55 (che prevede l’abbattimento del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030).

Fonti energetiche rinnovabili

Ridurre gradualmente l’uso di combustibili fossili è fondamentale per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi. Per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi, è necessario raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. L’effettivo abbattimento delle emissioni associate all’energia, presuppone il passaggio dal consumo primario mondiale di un mix energetico basato quasi per l’80% sui combustibili fossili ad un paniere a basse emissioni di carbonio. Come evidenziato da un report dell’Agenzia internazionale per l’energia, la strada verso l’impronta di carbonio azzerata, è particolarmente complessa e richiede che tutti i Paesi si attivino.

Per pervenire alla neutralità carbonica nel settore energetico dobbiamo cambiare il modo di produrre energia e ripensare la tecnologia e le relative applicazioni in tutti i settori, così da ridurre i consumi e migliorare l’efficienza”, spiegano gli esperti di Mirova. Lo scopo è arrivare a un modello il cui impatto ecologico va di pari passo con la razionalità economica. “Le energie rinnovabili e l’efficienza energetica dell’industria sono due capisaldi della decarbonizzazione”. 

Il supporto delle rinnovabili

La diffusione delle energie rinnovabili è determinante per abbattere le emissioni derivanti dalla generazione di elettricità. Dopo decenni di predominio dell’idroelettrico, secondo il report AIE saranno soprattutto eolico e solare a permettere di triplicare la produzione di rinnovabili entro il 2030 e di moltiplicarla di otto volte entro il 2050. In base alle proiezioni, l’incidenza delle rinnovabili sul totale dell’energia elettrica prodotta passerà dal 29% del 2020 al 90% del 2050. 

Per farlo, la capacità di eolico e solare dovrà essere cinque volte superiore alla media registrata negli ultimi tre anni.

Paesi dell'UE

L’altro elemento fondamentale è il miglioramento dei consumi in termini di efficienza e comportamenti. Gli stati membri dell’UE, secondo le normative, dovranno abbattere i consumi del 9% entro il 2030. “In generale, gli investimenti in efficienza energetica coinvolgono prioritariamente gli edifici e, in misura minore, i trasporti e l’industria. Secondo l’AIE, nel periodo 2015-2020 il totale di questi investimenti nel mondo ha raggiunto circa 270 miliardi di dollari all’anno, suddivisi in 170 miliardi per gli edifici, 60 miliardi per i trasporti e 40 miliardi per l’industria”. 

Questi investimenti, dettati anche dall’esigenza di arrivare brevemente a nuove strategie di approvvigionamento e di produzione energetica, nel rispetto dei vincoli e degli impegni assunti anche durante COP26, aumentano il potenziale di sviluppo per quei settori e aziende che sono in grado già oggi di generare un impatto positivo in questo percorso di transizione energetica.  

Vuoi approfondire il tema? Contattami per sapere di più sull’argomento.

Articolo scritto con il contributo dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e di Mirova.

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